Stiamo diventando liberi schiavi?
di ROBERTO TUDINI ADC ROMA – articolo pubblicato su Italia Oggi del 28/06/2017 (pag. 43)
Sono le 18.30 di un lunedì pomeriggio, sono già distrutto. È appena passata la«buriana» dell’ Imu (preceduta dal regalino delle comunicazioni delle liquidazioni Iva, senza dimenticare le scadenze del 16), forse riuscirò a finire le dichiarazioni entro il 30 e riesco faticosamente a scrivere queste poche righe. Faticosamente, non perché, per tentare di finire le scadenze in tempo, faccio le ore piccole, ma perché sono stanco, stanco di venire considerato un intermediario telematico, una sorta di incrocio tra uomo e computer, che si limita a chinare il capo, studiare normative inutilmente complesse, rese ancor più incomprensibili da una tecnica legislativa da paese del Terzo mondo e da burocrati che pensano: «Ma già che ci siamo, mettiamo pure questo campo … facciamogli asseverare pure questo … così almeno noi stiamo tranquilli, tanto la responsabilità è loro …».
Le normative inutili non vanno solo studiate, vanno anche applicate! E allora perdi ore e ore per capire come inviare dati inutili, che nessuno mai leggerà o utilizzerà, ma che un giorno potranno essere utilizzati contro di te, sia dall’amministrazione finanziaria, sia dal cliente (il quale dirà sempre: Hai sbagliato!). Che dire poi della Pec dell’ Agenzia, arrivata un’ ora fa, che ti informa che la tua copertura assicurativa per il visto di conformità è «inadeguata» in quanto «fa riferimento al limite preesistente dei 15.000 euro di crediti compensabili» e mi fissa un’ ulteriore scadenza per non finire nelle liste di proscrizione!
Dieci anni fa, quando iniziai questo lungo cammino, avevo un’ altra visione della professione: quella che per gran parte della propria vita ha fatto mio padre, la Professione con la «P» maiuscola. Mio padre ci ha permesso di condurre una vita dignitosa e ha avuto anche le sue soddisfazioni professionali, ma mi ha sempre sconsigliato di fare la professione, perché, diceva, «non è più quella di prima». Se lo avessi ascoltato!
E, invece, no! Ho voluto seguire la sua strada e molto poco ipocritamente dico sempre di essere un fortunato, perché «lo studio già lo avevo», ma ho capito subito che mi sarei dovuto conquistare la fiducia dei clienti, continuando a studiare, con la serietà, con la deontologia nei confronti dei colleghi e degli stessi clienti, ricordandomi sempre che, come iscritto a un ordine professionale, devo tutelare non solo gli interessi dei miei clienti, ma anche, e soprattutto, l’ interesse della collettività.
E i nostri clienti? Una volta chiedevano un appuntamento per esporci le loro problematiche, sperando che potessimo risolverle; oggi piombano a studio, oppure ti mandano una mail o un messaggino, pretendendo una risposta immediata, pronti sempre a dire: «Ma su internet c’ è scritto questo: l’escapologo ha detto così e se lo dice lui». Nei casi migliori vengono a farci l’ esame (non di stato), ma con la convinzione che i motori di ricerca ne sanno molto più di noi. Sull’escapologo vi rimando direttamente al comunicato unitario dei nostri sindacati del 13 giugno u.s., internet … è inevitabilmente divenuto il più grande competitor, ma siamo noi a dover far comprendere ai nostri assistiti che abbiamo gli strumenti (competenze professionali) per poterli consigliare al meglio. Capitoli a sé poi sono il sistema sanzionatorio che colpisce i professionisti e le norme antiriciclaggio, ultimi bocconi serviti in questo amaro pasto che è divenuta la professione.
E allora qual è il futuro della nostra professione, dove stiamo andando? Non lo so. Di questo passo stiamo diventando liberi schiavi, liberi di lavorare sempre e comunque, senza adeguata remunerazione e sempre più proni alle mille incombenze inutili, dettate dal legislatore del momento. Ma di chi è la colpa? È nostra, è mia! Forse perché siamo dei professionisti, non abituati ad andare in piazza e a protestare, troppo educati per contestare i comportamenti incivili della nostra politica. È tardi? Forse no! I nostri rappresentanti, sindacati, Consiglio nazionale e anche la Cassa, uniti insieme devono dire BASTA. Direte voi: che c’ entra la Cassa? La Cassa, dovrebbe essere la nostra ancora di salvataggio (Cassa nazionale di previdenza e ASSISTENZA a FAVORE dei dottori commercialisti) ed invece siamo ancor oggi in attesa di nuovo welfare adeguato ai tempi, mentre la Cassa si occupa di verificare le cause di incompatibilità con l’ esercizio della Professione. L’ obiezione più logica viene riassunta nella tipica frase «ma noi applichiamo solo la legge», ma allora il nostro Consiglio nazionale perché all’ epoca non eliminò le incompatibilità più vistose e inutili? Ogni giorno sentiamo dire che la crisi è finita, ma non per la nostra professione. Quei pochi studi di greco antico e di economia mi farebbero sperare invece di essere esattamente nel punto di crisi, ossia nel momento di cambiamento di rotta, di inversione. Forse ci siamo, ma dipende da noi riappropriarci delle nostre competenze, della nostra professione, pretendendo normative chiare, di facile applicazione, che non abbiano necessità di circolari della lunghezza di «Guerra e Pace» per poter essere interpretate e soprattutto: BASTA ADEMPIMENTI INUTILI!
Come far ciò: scendiamo nuovamente in piazza con le associazioni sindacali professionali unite, insieme a Consiglio Nazionale e Cassa, senza paura di scontentare il politico o il burocrate di turno, non per lamentarci o per piangerci addosso, ma per pretendere misure economiche veramente efficaci e che ridiano dignità alla nostra professione. Solo una cortesia: tutto ciò dopo il 30 giugno, ma prima del 16 di luglio, altrimenti chi ci pensa alle scadenze?